Porca miseria ma che ore sono? Chi cazzo è a quest'ora? Ecco arrivo! Santo cielo ma sono le tre di notte!Pronto?
-Amica?
-Ugo? Ma che cazzo di fine hai fatto? Ma da che numero mi chiami?
- Amica sono scappato, mi hanno messo dentro sta notte. Sono scappato, mi cercano, lo sai solo tu. Ciao.
- Ugo ma dove sei? Cosa minchia stai dicendo? Aspetta, non attaccare, ti posso chiamare su questo numero?
-No, il telefono l'ho rubato. Non lo so dove sono. Ieri ero in Belgio. Poi ho bevuto, mi hanno arrestato, mi cercano. Prendo ora un aereo. Volevo solo dirlo a qualcuno. Ciao amica, buona fortuna.
- Hai una carta di credito? Ti mando dei soldi? Pronto? Ugo ci sei ancora? Pronto?
-...
-Ehi ma chi era al telefono ieri notte?
-Ma nessuno, era Ugo, sta scappando dalla polizia, l'hanno arrestato e lui è fuggito.
- Ah, ok, e come sta? Vabè in ogni caso la prossima volta che lo senti mandagli i miei saluti!
-Ah certo, sarà fatto!
domenica 30 settembre 2012
giovedì 27 settembre 2012
Sono uscito di casa perché Mila doveva fare la pipì. Come ogni giorno l'ho accompagnata ad annusare i marciapiedi di piazza maggiore facendo attenzione a che non pisciasse sui piedi degli studenti seduti per terra. Così sono arrivato qui, ora, e c'è un vento leggerissimo e caldo che spettina i vestiti della gente, li strapazza un po' per poi rivoltarli. Il cappello mi è già volato via due volte e Mila lo ha rincorso, ma il guinzaglio è così corto che sembrava che io rincorressi Mila che rincorreva il cappello che rincorreva me. Non ho portato con me la pipa, peccato. Si sta bene in questo angolo di mattoni. Il cielo ha un colore irreale, il vento ha portato polvere e la luce ora appare appannata. Sembra quasi di stare al centro di un universo fatto di pipì. In mezzo la terra che galleggia e questa piazza che ondeggia. Mila sei stata tu? Tutta questa pipì? Cosa hai bevuto? Non avrai per caso prosciugato i sotto vasi della vicina? Non mi rispondi tu eh? Beata te. Pensa se ora venisse qualcuno a chiedere indicazioni per le due torri e io facessi come te? Muto, senza rispondere. Ti pare cortesia questa?
Cos'è questa musica, da dove viene? La senti? Mi volto, scostato da una folata di vento che mi premeva sul fianco tentando di farmi spostare. Il mio sguardo si posa su un'orchestra, immensa, infinita, clarinetti, più su gli ottoni, le trombe, tutti i fiati. A destra invece violini, viole e violoncelli, pianoforti e deboli, clavincebali, un'oboe! Ma tu guarda, un'oboe! Non si distingue più la musica dal vento, le note, le melodie hanno acquistato consistenza e mi spingono, mi spostano come se dovesse passare qualcuno di importante, soffiano forte, così forte che Mila abbaia ma il suo flebile verso canino si perde, non arriva a nessuno, travolto da una tormenta di musica.
Mi hanno portato qui, anche mentre pioveva ho continuato a vagare, riuscivo persino a imprimere una direzione ai miei movimenti. Quasi volavo. Poi sono atterrato, come se fossi una piuma, Mila stordita incollata al guinzaglio, quasi non si è strozzata. Ci siamo appoggiati su questa pagina, su questo spartito e siamo diventati parole.
Vanti e Mila.
Cos'è questa musica, da dove viene? La senti? Mi volto, scostato da una folata di vento che mi premeva sul fianco tentando di farmi spostare. Il mio sguardo si posa su un'orchestra, immensa, infinita, clarinetti, più su gli ottoni, le trombe, tutti i fiati. A destra invece violini, viole e violoncelli, pianoforti e deboli, clavincebali, un'oboe! Ma tu guarda, un'oboe! Non si distingue più la musica dal vento, le note, le melodie hanno acquistato consistenza e mi spingono, mi spostano come se dovesse passare qualcuno di importante, soffiano forte, così forte che Mila abbaia ma il suo flebile verso canino si perde, non arriva a nessuno, travolto da una tormenta di musica.
Mi hanno portato qui, anche mentre pioveva ho continuato a vagare, riuscivo persino a imprimere una direzione ai miei movimenti. Quasi volavo. Poi sono atterrato, come se fossi una piuma, Mila stordita incollata al guinzaglio, quasi non si è strozzata. Ci siamo appoggiati su questa pagina, su questo spartito e siamo diventati parole.
Vanti e Mila.
martedì 18 settembre 2012
Assommoir
Voleva ammazzare un cinghiale
Ha ammazzato un uomo
Il morto poi ha ammazzato lui.
Ha ammazzato un uomo
Il morto poi ha ammazzato lui.
mercoledì 12 settembre 2012
Due bianchi giorni di settembre
Ho fatto la valigia. Ho lasciato sotto il letto tutti i pensieri quotidiani, le bollette, gli impegni atti alla sopravvivenza, addio, vi saluto: inizia la mia settimana estiva. Quella del sole scolorito e degli ombrelloni chiusi, dei pescatori a ritirare le reti sulla spiaggia, quella dei gabbiani che se li vedi a riva sta per piovere, quella delle rondini che non fanno solo primavera, ma fanno casa. Sotto la mia finestra, quella di casa mia, della mia casa autentica, della casa dove dormi anche sul terrazzo che i ladri non ci sono e se arrivano gli offriamo un caffè, sotto la mia finestra le rondini ci sono sempre, che qui l'inverno non arriva mai. Ho preso solo i libri, qualche penna e sono partita. A nascondermi su questo scoglio che si specchia in un mare trasparente, risciacqua, tranquillo, risciacqua se stesso, e poi ancora una risacca, che gorgoglia, un granchio che scappa. Ed era una barchetta di carta che passava, sul filo dell'orizzonte della mia vasca da bagno, dietro la ferrovia vecchia di quando ci si faceva il bagno con le cuffie in testa e il fischio del treno quasi nel mare. Poi l'hanno portato via quel pezzo di binario, troppo pericoloso così a picco sugli scogli. Con una barchetta di carta lo hanno porato a casa, fino alla foce del del Tago che si allarga a farsi mare. In quella città bianca e trasparente che è semplicemnte una casa. Questa casa, fatta di scogli e di una lingua strana che non si sa, si parla e basta, si grida tra i tetti bianchi, tra le barche che sbattono sulla battigia che c'è alta marea e i gabbiani volano a riva, le nuvole si fanno più nere, il telefono squilla, il treno parte ed è già il tempo di tornare a giocare a carte.
Con la vita, ma il mio avversario è un baro, lo so.
Cambia le regole ogni volta che può.
domenica 2 settembre 2012
Piovendo
Il signor Vanti sentì suonare le campane della Chiesa di San Martino. Otto volte. Erano le otto di una domenica qualunque. La situazione metereologica in quei giorni era stata complessa. Ondate di maltempo si erano abbattute sull'Italia settentrionale e l'umidità ancora ristagnava su tutti gli spechi d'acqua della Pianura Padana. Silenzio domenicale. Nulla di nuovo. E quel prurito alla base dell'istentino tenue che preannuncia l'inizio di un nuovo autunno, ancora uno uguale ai precedenti, magari solo peggiore, ma poco. Come girò l'angolo una folla inconsueta accerchiava al centro della strada unza zona vuota. Pensò ad un inciente, ad un malore e da medico quale era stato si fece avanti per le solite mosse del primo soccorso. Si avvicinò scostando in mdo scrotese i curiosi senza annunciarsi dottore. Non c'era nessuno a terra. Eppure una decina di persone erano incredule a fissare il suolo, battuto dalla pioggia, solo in quel cerchio di strada. Incomprensibile. Una pioggia battente, a secchiate violente cadeva in un preciso perimetro circolare che ad occhio e croce comprendeva un'area non maggiore di cinque metri quadrati. Tra due palazzi. Guardò in alto, nessun tetto, nessun tubo dell'acqua. Guardò in basso nessuna fogna. Dal nulla, veniva, quell'acqua, quel temporale. E rimasero così per ore a fissare le gocce cadere. Arrivò anche la Rai, ma era troppo tardi, ormai non era rimasto più nessuno.
[al vecchio Mario e la giovane Mafalda, spariti nel nulla da un momento all'altro nel vapore di un treno, http://iltrenoavapore.iobloggo.com/]
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