domenica 26 maggio 2013

I pesci di maggio

Quando ho aperto gli occhi mi sono accorta che dalla sette di mattina antemerdiane domenicali erano ancora le sei di mattina antemeridiane domenicali. Dal letto, distesa nel buio, vedevo l'armadio di legno, quello che aveva riportato nonno dall'Australia quando il Signor Suriani dopo averglielo commissionato era morto lasciandolo con tonnellate di legno di faggio in cantina e nemmeno una lira nel portafogli. Lo guardavo e sentivo anche la voce di Carmela nel cortile che diceva Andiamo al mare che oggi ci stanno i pesci di maggio. Ma ero piccola e non capivo bene cosa fossero questi pescetti. Mio fratello dormiva alle mie spalle e come sempre parlava di cose strane nel sonno ma io ormai mi ero abituata ai suoi discorsi e gli dicevo sempre che il punto di vista era da ridiscutere da svegli. C'era pure il pitale vicino al letto, dalle sei di questa mattina non mi ricordavo più che esistessero i pitali nelle case. Non potevo alzarmi e ritrovarmi di nuovo grande. Intanto mi era arrivato un messaggio dal tempo futuro in cui A mi diceva della sua vita a contatto con i pensionati che hanno l'alito che sa di caramelle all'anice. Erano buone le caramelle, se mi alzo nel cesto della cucina, sopra al camino, c'è una scatolina dove nonna tiene le caramelle Rossana. Si chiamano così perché sono rosse, come il sangue che usciva dalla bocca del signor Suriani quando lo hanno ritrovato appeso al lampadario di cristalli. E siccome oggi è l'ultimo giorno in cui i pescetti di maggio stanno alla marina, mi sa che vado vedere quanti ne hanno tirati, così li metto sotto sale e quando mi risveglio che avrò quasi trent'anni saranno ancora buoni, come appena pescati.

venerdì 17 maggio 2013

Venerdì 17

Il primo mio fratello si ruppe la tibia e la colpa era mia che gli avevo lanciato un rigore troppo forte. Oggi poi invece cosa doveva succedermi. Ti incontro in questa via che potrei pure pensare che stavi qua ad aspettarmi ma non lo penso. Per dirmi ciao ti trovo bene mi sono fidanzato mi manchi non ti vedo da anni come stai sei sempre tu ti offro qualcosa ti compro una rosa ti porto in marocco ti va di vederci facciamo una cosa ti aggiungo su feisbuc non ti trovo da tempo ma ci sei ancora ma come ti chiami aggiungimi tu ci vediamo domani. E te ne vai su una mini del cazzo, meno male che facevi il sindacalista ed eri pazzo.

mercoledì 15 maggio 2013

Congedo provvisorio

Ero sottotenente nell'armeria a Roma, quando dovevamo partire per andare in Libia. Mi avevano già convocato per la partenza, ma arrivò la notizia: alcuni dissidenti avevano affondato la nave militare sulla quale avremmo dovuto imbarcarci. Il nostro battaglione fu rinviato a casa, nessuna partenza, congedati. Però io restavo sottotenente ed in caserma a Roma il Generale mi mandò a chiamare. Mi disse che toccava a me e ai miei ufficiali procedere con la fucilazione dei dissidenti. Mi chiedevano di uccidere chi mi aveva salvato.

Quando mi avevi raccontato queste cose io avevo preso questi appunti che tu eri la Storia. E intanto mentre parlavi mi mostravi i quadri di tuo fratello e l'attrezzatura da pesca, quella con cui una volta ti avevo visto al porto, insieme ai tuoi ami che erano agganci al mondo passato in cui continuavi a vivere.
Oggi mi hanno detto che ti sei allontanato dai nostri giorni, con i tuoi 95 anni sei tornato nel novecento, insieme ai vetri grigi degli occhi, come il fondo della bottiglia che ieri sera hai svuotato.
E chissà ora quante persone stanno guardando le tue ultime scarpe nuove, quanti occhi occhi bagnati ti circondano che a me quasi sembra già di non ricordare qual era la tua voce oppure forse non l'ho mai saputa.

lunedì 6 maggio 2013

al matrimonio di valeria marini avrei bestemmiato anche io.

mercoledì 1 maggio 2013

Descrivi un luogo che ti ha colpito


Il luogo che vorrei descrivere è un luogo che mi ha colpito molto, anche se non mi ha fatto poi così male, manco il livido mi è uscito. Questo posto è il paese dove sono nato. Io vivevo prima in un paese, dove le persone, da quando sono nato, sono diminuite fino a scomparire del tutto. Per fortuna, però, quelle che c’erano, erano brave persone. 

In paese d'estate c'erano molto rumeni. Venivano a trascorrere la vacanze. E i bambini che portavano erano tanti e si poteva giocare a calcetto anche tutti i giorni, che sennò non ci arrivavamo al numero completo e si doveva rinunciare al portiere. E il paese pare che con il sole si risvegliava un secondo, ma parlando un'altra lingua, che non è certo la sua, ma gli dona. D'inverno invece era tutt'acqua e le famiglie sempre di meno. Noi bambini della piazza eravamo sei. Io, i due figli del fornaio, la figlia del giostraio che ha l'autoscontro alla Madonna, il nipote di Carminuccio e il figlio del farmacista che però come i genitori si sono separati veniva solo nei fine settimana. Se poi devo contare anche i bambini della campagna, allora possiamo arrivare anche a dodici. Ma loro non si vedevano quasi mai e stavamo insieme solo noi della piazza e giocavamo nello spiazzo dietro al cimitero. Era divertente, anche se ogni tanto e ci siamo menati. Ma d'inverno i pomeriggi non passavano mai. E quando usciva il sole, a dicembre, ci sembrava già maggio. In queste occasioni stavamo tra i vicoli stretti, dove c'è il vento che sbatte tutto. 

Io in paese prima ci vivevo. Adesso ci vado molto meno e forse non ci andrò più. Di solito quando ci vado mi viene a prendere papà e mi porta a casa sua dove ci sta una sua amica che vive con lui per pulirgli la casa, è una signora strana che si chiama Rocco e porta i baffi. Ogni volta che ci torno, al paese, l'odore che si sente mi sembra diverso, mentre quando ci vivevo, al paese, mi sembrava uguale. La mamma mi dice che tornarci è come riaprire un formaggio ammuffito, lasciato lì marcire nel frigo. E infatti se ci penso bene il paese sa proprio di muffa. Una delle ultime volte che ci sono stato era domenica. Le strade erano bagnate per l’umidità del mare e sembrava tutto un lago. Siccome era Natale ci hanno messo per le strade delle luci intermittenti che mia mamma ha detto sono tristissime. Ora che ci penso, se devo descrivere questo paese, che per me è il mio paese, se lo devo descrivere, dico che sembra una barca che galleggia. C'è sempre tanta acqua per terra e palazzi bagnati, poi non si sente niente. Che quando ci vivevo mica me ne ero accorto che ci sta tutto questo silenzio. Quella domenica, per esempio, faceva molto freddo e per le strade non ho visto nessuno. Si sentiva l’odore dei camini e della terra bagnata che me lo ricordo che quando ci stava tutta questa umidità e io ci abitavo ancora, si andava, noi bambini, a trovare le lumache. Domenica non c’era nessuno a cercare le lumache. In piazza del Municipio sono rimasto solo per un attimo, mio padre si era allontanato nel fondaco. Nella mia piazza c’è una fontana ma domenica era spenta. Ce ne sta pure un’altra che è più piccola e che la chiamiamo la fontanella. Quando ci vivevo mi ricordo che la domenica c’era tanto chiasso e si mettevano le lenzuola bianche e alla fontanella c'era la fila per bere. Ma io la scorsa domenica non le ho viste, forse perché era già sera e le avevano già tolte per non farle bagnare, le lenzuola ma anche le persone. 

Poi se devo fare una conclusione posso dire che mi è piaciuto tornare al paese ma mi è salita tipo una paura strana, mentre tornavo con mamma a casa. La paura di quei vicoli bui che prima erano vivi. E manco Carminuccio c'era più sulla strada nuova. Carminuccio era un mio amico che non lo so più dove vive adesso. Lui abitava di fronte casa mia ed è grazie a lui che sono diventato grande. Infatti è stato il primo a spiegarmi che quando uno prende la quinta elementare diventa un vero uomo. Carminuccio era diventato uomo proprio l’ultimo giorno di quinta, mi ha detto. Diventare uomo vuol dire sapere tante cose, ma anche fare lo sviluppo. E io lo sviluppo l’ho fatto proprio nel tema dell’esame di quinta elementare, solo che la maestra lo ha chiamato svolgimento e mi ha detto di scriverlo sul foglio protocollo a righe, dopo la consegna. Quando però a Carminuccio gli ho raccontato che pure a me era successa la stessa cosa sua, non ho capito perché ma si è messo a ridere. In compenso mi ha regalato un giornalino con tante fotografie di persone senza vestiti che è un oggetto turpe, ha detto la mamma quando l’ho riportato a casa. E nonna ha organizzato un piccolo falò per bruciare la turpitudine che se ne è volata su per il camino, tutta sola poverina. Dopo la nonna mi ha detto che Carminuccio la quinta elementare non l’ha ancora presa, che è un gran bugiardo e che io non devo frequentare questo tipo di mascalzoni. Proprio mascalzoni ha detto. Che per un po' di tempo mi figuravo che erano una variante cattiva dei calzoni, quelli che si mangiano e al paese si vendevano al forno della Madonna. Insomma a me questo paese m'ha colpito tanto e se qualcuno ci volesse andare a visitarlo però potrebbe essere un problema perché questo mio paese dove sono nato piano piano non c'è più.

p.s. e poi questo tema l'ho scritto pure perché oggi Carminuccio compie 31 anni e gli volevo fare gli auguri!