Ti avrei voluto
portare erano le sei dei granchi addormentati
al mare dove volevo
portare i tuoi occhi azzurri e assonnati
a sbriciare le onde
tra i raggi appena nati.
Non al mare degli
ombrelli belli e colorati, ma quello degli scogli a respirare
tra pescatori stanchi ti avrei voluto portare
al mare dei trabocchi
infranti.
Al mare che a te non
piace quello pieno di sola luce.
Ti avrei voluto
portare al mare, dove c’è dio
ma tu dormi la
mattina, ti svegli tardi e non ti piace il mare mio.
Così sono andata sola
a spiare un posto all’ombra dove avresti potuto sedere
e, se volevi, fumare.
Sono tornata che
ancora volevi dormire
poi al momento giusto
ti sei svegliato,
sei andato al bar e
ti ho sentito ridere di gusto.
Ti avrei voluto
portare in biciletta dove ho scoperto un bosco,
c’è un’asina che
raglia che si chiama libera e bella
e un contadino con
una lambretta
gialla, fa un olio
forte come il mare che ti avrei voluto portare.
Farti vedere il sole
su delle piccole foglie morte
qual è il suo colore,
mentre tu giocavi a carte.
Così sono andata sola
a quel ruscello
a guardare il
contadino che stava lì col suo asinello
e quando eri ubriaco
con l’acido allo stomaco
hai pisciato nel
lavello poi sei uscito a pesca
con la tua canna ed
un cappello.
Ti avrei voluto
portare nei miei libri
negli scaffali pieni
nelle pellicole dei film,
quelli belli seri con
i colori bianchi e neri.
Nelle mie tele tra i
pennelli sporchi,
proprio lì avrei
voluto portarti,
ma tu eri a pesca a
litigare con un’esca.
Così sono andata sola
a vivere nelle pagine
a tratteggiare i
ricordi sulla tela mia
e contare gli occhi
in un cinema di periferia.
E quando ti ho detto
dove ti volevo portare
eri stanco e sei
andato a letto,
quando mi hai detto
“buona giornata”
ero stanca già
addormentata.
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