Scivola lentamente, pianissimo il sole dal confine del mare. Scivola fuori di rosa poi giallo, bianco forte per violentare. In fondo all'acqua, sul letto di sabbia più basso, bagnato freddo di notte, dal buio del sale marino annacquato e segreto, fiorito, si vede il cielo. Si vede attraverso l'umida massa di adriatico, pare una lente verdazzurra, dal fondo del mare che ti fa vedere il sole lentamente, piano, pianissimo spuntare. Ti avvolge sereno, fresco, scivola in ogni piega del corpo, del cuore, riempie le viscere d'acqua, ogni curva ti colma, ti colma di vita, ti genera figli nel ventre, salati, che bruciano, è un uomo il mio mare, da cui voglio lasciarmi cullare. Lo sento il respiro, suo, dal fondo si sente che sale un soffio di vita che prende ogni cosa. Immersa, è un abbraccio totale, una stretta completa. Bere il suo sospiro di acqua, berlo nell'anima, riempirmene i fianchi, le membra, colmarmi di sale, berlo nel cuore il mare.
L'acqua leggera, pesante, per ogni svolta della carne, come un scivolo, giù, scivolasse come doccia di miseria, fino alla pancia, vertiginosa discesa della schiena. Immersa pregare chiedere all'acqua di entrare, vene occhi, allagare. E intanto osservare quei mondi tranquilli che stanno, sul fondo, rocce di anime antiche, galassie di esseri muti, che scivolano via al nostro passo di nuoto. Fiori, pescetti nascosti, ricci, uova, vite allevate dal mare. Autostrade di voci perdute, occhi di vecchi sepolti, mani piantate sul fondo di sabbia, piedi scontenti, felici.
Pregare, riempimi, riempimi il cuore, cancellami gli occhi, le unghie, le spalle, assorbimi e fammi cadere sul fondo pianissimo, lentamente, scivolando sotto l'ombra del sole nello spazio dell'acqua.
Troveranno un pensiero tra millenni, fermo stagnante nel lago dell'ombelico, unico aborto del tempo, naufrago, vivo con me morta all'ancoraggio. Tu, rimarrai a veleggiare negli anni. Galleggerai sereno, verrai salvato, salperai all'alba di un mattino nero. La mia terra allora sbriciolerà, sgretolata nello spazio dell'acqua. Nella morte mi accorgerò dell'assenza tua, silenziosa, il sonno mi tremerà un poco, un'estrema goccia di pena scivolerà dai vetri degli occhi, spossati di morte.
Dormirai lontano anche tu, perduto nel mondo, disperso.
Ma ora sono io che mi perdo, non vedo più il fondo, mi prende quell'acqua, non so dov'è il golfo, ho superato le rocce, sto scendendo i ricordi, annullando i miei nomi, allagando futuri.
Scivolando mi hanno afferrata per il piede sinistro, atterrata di nuovo, spiaggiata, respirata, fatta animare, io, ormai vegetale. E ancora una volta la vita mi hanno voluto ridare, i soccorsi, le ambulanze, i lettini, ossigeno e flebo di sali. Mentre il mio animo è sotto al fondale, si fa dolce e si lascia cullare.
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