giovedì 9 agosto 2012

paradiso di_vino

Quando ho aperto gli occhi questa mattina, ho visto sulla parete laterale della mia camera l'ombra del profilo di un albero bellissimo, doveva essere un leccio. Non stetti lì a pensare che la mia camera è al secondo piano di un edificio costruito su terreno franoso, non pensai che l'albero per proiettare l'ombra doveva essere cresciuto nella notte di almeno sei metri. Accettai il dato come si accetta una giornata di pioggia a marzo. Su quel ramo erano sedute tante donne, con i piedi a penzoloni fino a coprire tutta la lunghezza così chè l'ultima quasi sembrava in procinto di cadere giù, tanto era adagiata sul pizzo più estremo. Si chiamavano tutte Marta, mi hanno detto, chi sorridendo, chi un po' musona, chi silenziosa e attenta mentre le altre interloquivano con me. Alcune le conoscevo, non ebbi ostacolo, nonostante il sonno, a riconoscere la Marta della Diceria, con il suo biancore tisico, e quella di Pereira, con le sue bellissime spalle scoperte e quel vestito sempre uguale da anni, persino un po' sdrucito, ma verde ed incrociato sulla schiena. Le salutai ancora sperando di trovare in cucina il signor redattore della pagina culturale del Lisboa che mi porgesse una limonata. Poi mi sono specchiata e lavata la faccia. Un occhio era chiuso ed è rimasto così. In sogno ricordo la puntura di un'istrice sul dito ma poi gli effetti devono essersi estesi. Ma ecco che come apro il giornale capisco perché vedo la metà. Mi si è chiuso per commozione. Mi capitò una volta di restare sorda all'orecchio destro, quando morì nonna. E ora anche l'occhio, subito penso a qualche decesso ma poi di nuovo torna alla mente quell'immagine, di quel ragazzo biondo che piange davanti ai microfoni, che viene sottoposto ad un'inquisizione che mi sembra strano non sentire todo modo e non vedere Bellarmino. Gli porgo la mano ma la telvisione è solo una finta vicinanza e lui anche volendo non potrebbe mai raccogliere tutte le sue lacrime e saltare da questo lato dello schermo. Così accadde che mi si chiuse un occhio, dovrei appuntarmelo per raccontarlo meglio ai miei nipoti quando ne avrò.
Luccica ora il mare, è presto, sono appena le sette e sono scesa in bicicletta. Lo guardo e penso che le vere preghiere l'uomo dovrebbe farle solo a lui, l'unica entità vagamente divina che mi sia mai capitata di incontrare, eccetto il mio professore di filolofia del liceo! Lui somigliava però più a Lenin, questo maestro qui, invece, sembra proprio dio che altrimenti non me lo saprei figurare.


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