venerdì 1 marzo 2013
Ricordi disabili
Mi sono venuti a dire Scrivi i tuoi ricordi, i tuoi primi ricordi su un disabile che ricordi. Volevano che parlassi di te, Rob. Del tuo doppio mento credo. Mi hanno detto Scrivi e poi te li facciamo leggere i ricordi. Ma non glie l’ho mica bevuta sai. Non mi sono mica messa lì a dire te. Che poi non so più scrivere e tutto fa parte di quella morte che mi ha uccisa una volta. Che non so più da allora tenere una penna in mano e a quel punto avrei potuto dire che un morto non può scrivere, così come non può ricordare, credo. E poi di te non mi avrebbero creduto. Non potevo mettermi lì e dire Sapete che ho conosciuto uno che voleva costruire un’autostrada sopraelevata per andare in America con un autobus a due piani e poi questo stesso tipo era impiegato nelle Brigate Rosse e amico di Alberto Sordi. Non avrebbero mai creduto che esiste un mondo come il tuo paese, Rob, dove tutte queste leggi, questo modo di parlare e di pensare non ha senso. Che gli dovevo dire Guardate che io ho imparato a parlare in un posto dove i soffitti sono per terra? Mi avrebbero creduto secondo te? E neanche potevo alzarmi in piedi e leggere di quando ti hanno seppellito con un doppiopetto blu in una bara e poi la settimana dopo eri al parcheggio Tanari che parcheggiavi autobus a due piani. Sapete il mio amico Rob collezionava targhe delle auto, passava giornate intere agli angoli dei semafori per scrivere su grandi quaderni le targhe delle macchine che passavano. Mi avrebbero creduto? Che hai trovato la legge del futuro? Vedi Rob che quando sono morta avrei voluto che tu venissi al mio funerale e mi portassi gli scontrini che hai conservato negli ultimi tre anni, da quando ti sei fatto sepellire. Ma al mio funerale hanno finito per venirci solo quelli che bagnano fazzoletti con l’acqua salata degli occhi. No, tranquillo, papà non ha pianto. Si era potato un vecchio ulivo da potare per ingannare il tempo ed io ho apprezzato tantissimo tutte quelle foglie verdi che cadevano sul piazzale dell’obitorio. E poi volevano che parlassi di te come se fossi lontano. E io invece ti devo fare tutte quelle domande che si fanno a chi sa come ricominciare quando si muore e non capisco perché ti ostini a nasconderti così, ma oggi ti ho visto mentre nevicavi e un po’ mi hai fatto ridere. Più di quando hai urlato al signor Vanti che scendeva le scale, indicando suo figlio: Satana, satana!
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